domenica 31 maggio 2009

Attualità e grande spinta innovativa nelle vecchie circolari ministeriali



Come la C.M. n. 122/1992 sull'educazione interculturale nella scuola .


Eccone alcuni interessanti stralci:


[...]E' importante riconoscere che i valori che danno senso alla vita ed i diritti che la orientano non sono tutti nella nostra cultura, ma neppure tutti nelle culture degli altri: non tutti nel passato, ma neppure tutti nel presente o nel futuro. Essi consentono di valorizzare le diverse culture ma insieme ne rivelano i limiti, e cioè le relativizzano, rendendo in tal modo possibile e utile il dialogo e la creazione della comune disponibilità a superare i propri limiti e a dare i propri contributi in condizioni di relativa sicurezza.

Sono i valori, in ultima analisi il valore universale della persona, i fondamenti transculturali di quella comune cultura (in parte già presente, in gran parte ancora da costruire) del rispetto, del dialogo e dell'impegno, che rendono possibile pensare e vivere l'interculturalità non come indifferenza, confusione, sopraffazione o cedimento, ma come prospettiva educativa per tutti, giocata sui due indisgiungibili versanti del rispetto e della promozione di ciascuno.

Problemi, equivoci e recenti iniziative dell'amministrazione
Pur con tutte le sue difficoltà ed i suoi problemi irrisolti, il nostro paese è meta del desiderio di persone e di interi popoli che vivono grandi difficoltà politiche, economiche, morali in molti paesi del sud africano e dell'est europeo ed asiatico, mentre da noi si avverte il fascino dei modelli culturali che vengono dal nord europeo e dall'ovest americano, mondi verso i quali intensissime sono state le migrazioni dei nostri connazionali in tempi antichi e recenti.
Allargare lo sguardo al passato, alle vicende di individui, popoli, stati, culture, nei versanti dell'economia, della religione, dell'arte, della scienza, della filosofia, della tecnica, con il contributo che proviene dalle moderne scienze umane, consente di comprendere molte ragioni delle tensioni attuali e di individuare linee culturali e politiche, atteggiamenti e comportamenti meno inadeguati di quelli attuali a compiere le scelte adatte a risolvere i grandi problemi di convivenza che caratterizzano il nostro tempo.

Si tratta in particolare di cogliere, nelle storie di persone e gruppi, sia i caratteri dell'unicità identitaria di ogni singolo individuo, sia quelli delle particolarità delle appartenenze identitarie collettive, sia quelli che riguardano l'universalità della comune appartenenza all'umanità, intesa non solo come valore comune, ma anche come gruppo di persone, il gruppo più grande di cui facciamo parte e dal cui solidale destino dipende anche il destino di ciascuno di noi, qualunque sia la sua collocazione, nello spazio e nel tempo, in una fede o nell'altra.
Bisogna evitare che rigidezze mentali e fantasmi di varia origine facciano evolvere le legittime differenze personali e culturali, etniche e religiose, linguistiche e territoriali, in chiusure di tipo localistico o nazionalistico o addirittura in processi di intolleranza razzistica, che sono tanto più frequenti quanto più culturalmente superficiali e psicologicamente fragili sono le persone colpite da queste sindromi.[...]

Perchè l'integrazione?

Il processo di un' integrazione universale è essenziale per il benessere di tutta la comunità umana, al fine di evitare che i passati orrori umani , possano ripetersi e per avviare una collaborazione tra tutti gli stati e tutti gli uomini verso un futuro che metta al bando il rischio della cancellazione della specie umana per opera dell'uomo stesso!

Che cos'è l'Integrazione?

Nel contesto post-moderno complesso e multietnico che abbiamo messo in evidenza si fa strada la necessità di individuare processi sociali e culturali in grado di favorire la convivenza pacifica delle diverse etnie presenti nello stesso territorio. E in questa direzione sono nate una serie di politiche sociali volte, appunto, allo sviluppo dell’integrazione delle popolazioni immigrate.


Agostino Portera ha definito tre modalità attraverso le quali alcune società hanno promosso l’integrazione:


un’ integrazione monistica, in cui la cultura dominante non lascia spazio alla diversità, assimilandola nel proprio sistema organizzativo;


un’integrazione pluralistica, in cui i cittadini del paese ospitante convivono con le persone ospitate nel rispetto reciproco, evitando però contatti per paura di perdere la propria identità;


un’integrazione interazionistica, in cui più persone appartenenti ad etnie e culture diverse cercano non solo di vivere insieme, ma anche di interagire attraverso uno scambio di idee, valori ed esperienze.


Quest’ultima si basa sull’ atteggiamento interculturale di disporsi all’ascolto dell’altro da sé. Un atteggiamento necessario per la convivenza democratica, per il co-sviluppo e per il superamento dei confini tra le singole culture...

venerdì 29 maggio 2009

Che mondo è il nostro?

Abbiamo finora più volte parlato del mondo e della Terra come unico territorio che l'uomo abita, ma che mondo è il nostro?


Un mondo divenuto, nell’oggi post-moderno, un villaggio globale, come è stato definito da Mc Luan, in cui il miglioramento delle vie di comunicazione e dei mezzi di trasporto, la diffusione e il progresso tecnologico dei mass-media, primo su tutti Internet, ci permettono di vivere le dimensioni spazio-temporali come mai prima l’uomo le ha vissute nella sua storia. Le distanze si annullano, il concetto di appartenenza territoriale si relativizza modificando il rapporto tra singolo e patria d’origine, sono possibili i contatti virtuali e il contatto interpersonale se da un lato si amplifica dall’altro si riduce.

Subentra così una continua tensione fra particolare e universale, fra locale e globale..e allora come trovare un equilibrio?

In questo blog stiamo prendendo in considerazione argomenti volti alla riflessione sulle possibili strade da percorrere per annullare questa tensione o comunque per vivere bene e degnamente in questo MONDO IN TENSIONE.
Il primo passo, lo ripeto ancora, senza mai stancarmi, è la formazione di cittadini
“glo-cali”, per usare il termine coniato da Edgar Morin e cioè “cittadini del proprio villaggio e contemporaneamente del mondo fattosi villaggio”.
Prendere coscienza dell'importanza e della necessità di questa strada non può che aiutarci ad affrontare la realtà fatta di complessità e di incertezze (come abbiamo già spiegato, vedi link seguenti: http://versounanuovacittadinanza.blogspot.com/2009/05/la-complessita-umana.html , http://versounanuovacittadinanza.blogspot.com/2009/05/dalla-complessita-allincertezza.html )
e ad allontanare la paura della diversità circostante, usata troppo spesso come scudo in difesa delle proprie radici.

giovedì 28 maggio 2009

A PROPOSITO DI UGUAGLIANZA

L'illusione dell'uguaglianza degli uomini



Quella dell'uguaglianza degli uomini è una delle tante illusioni sulle quali si sono basate, e sono tuttora fondate, la maggior parte delle civiltà.

L'uomo ha sempre sentito la necessità di pensare di essere uguale agli altri uomini, con l'illusione che questo avrebbe portato ad una convivenza migliore.

E' giunto invece il momento di forzare questa forma-pensiero e di far passare attraverso la coscienza quell'assunto fondamentale che afferma che "Gli uomini non sono tutti uguali anche se uivalenti".

Gli uomini sono cioè "equi-valenti", hanno lo stesso valore.



Essi si differenziano principalmente :

Il proprio grado evolutivo e di sviluppo .

Il segno zodiacale e l'ascendente .

Il Raggio di appartenenza .

La polarizzazione della coscienza .



Ogni uomo ha una propria precipua funzione da svolgere, poiché egli altro non è che una piccola cellula di quest'immenso organismo. E quest'organismo è, a sua volta, la cellula di un organismo maggiore e così in crescendo...

In definitiva, ogni uomo ha sì lo stesso valore, ma è profondamente diverso dagli altri e la stessa etnologia dichiara che non lo è neppure dal punto di vista antropologico e psicologico. L'uguaglianza degli uomini è dunque un'illusione che ha dato origine all'incomprensione e quindi alla separatività !!!!!!!!!!

mercoledì 27 maggio 2009

A proposito di impegno civile...


spiega nel suo libro Coltivare l'Umanità che i bambini da piccoli provano un naturale sentimento di fiducia verso i genitori, sentimento che i cittadini adulti trasferiranno, poi, verso un leader, idealizzandone l’immagine e credendolo capace di pensare a tutto in loro vece.


Secondo la pedagogista americana è in questo delicato passaggio dal contesto familiare alla realtà sociale che devono intervenire gli educatori, il cui compito “è mostrare agli studenti quanta soddisfazione si ricavi dall’essere cittadini che si rifiutano di accettare acriticamente le imposizioni altrui, (….) e quanta importanza abbia vivere fondandosi sulla ragione, piuttosto che sulla sottomissione all’autorità”.

Il bambino, se educato secondo questi criteri, diventerà un uomo autonomo e responsabile.


Il concetto di autonomia implica quello di responsabilità, indispensabile per una convivenza democratica dove le soggettività individuali sono responsabili di ogni qualsivoglia espressione sociale.



Rispondiamo alla domanda : CHE COSA VUOL DIRE UGUAGLIANZA SOCIALE?

Prendendo spunto dalla questione tirata in ballo da Chiara ecco cosa è per me l'uguaglianza, al di là degli statuti e delle leggi che la definiscono.


UGUAGLIANZA è...

il riconoscimento universale dell’appartenenza alla specie umana, che vive in uno spazio comune che è la Terra.





E ancora

UGUAGLIANZA è...

il riconoscimento universale che la specie umana è costituita da uomini unici e irripetibili in eguale modo e misura.

E dunque...

L'UGUAGLIANZA E' NELLA DIVERSITA'....

E L'INTEGRAZIONE E LA PACE TRA UOMINI UGUALI E DIVERSI E' NELL'INCONTRO CON LA DIVERSITA'...CHE ABITA IL NOSTRO MONDO...

Ecco che il cerchio si richiude e torniamo sempre a Noi e gli Altri....






martedì 26 maggio 2009

"impegno civile"

Visto che il blog si occupa di tematiche inerenti al "sociale", ho pensato che potesse essere d'interesse generale riflettere sulla "inettitudine" che ci colpisce ( senza offesa per nessuno!) , politicamente parlando (e non solo...). Ma il nostro disinteresse nei confronti del mondo,della società,della politica e di quant'altro, a cosa è dovuto, primariamente?
Come al solito le domande sono merce in saldo,mentre le risposte non hanno prezzo ( la mastercard non può venirci in soccorso)...
Come spunto di riflessione volevo farvi ascoltare una canzone particolare, "Lo scrutatore non votante" di Samuele Bersani ( <3>
Non contiene "messaggi politici". E' piuttosto una polemica fatta brillantemente in rima.

MA CHE COSA VUOL DIRE "UGUAGLIANZA SOCIALE"?


L'uguaglianza sociale è l'ideale che dà ad ogni uomo, indipendentemente dalla sua posizione sociale e dalla sua provenienza, la possibilità di essere considerato alla pari di tutti gli altri uomini in ogni contesto. Si tratta di un ideale presente in tutti i paesi civilizzati per il quale gli uomini si sono battuti moltissimo in passato.
La "uguaglianza sociale" è un obiettivo politico soprattutto dei partiti
socialisti e socialdemocratici. Essa differisce dall'"egualitarismo" di matrice comunista perché mentre questo pone la uguaglianza ed il livellamento degli uomini come un punto di arrivo, l'uguaglianza costituisce invece per i socialisti il punto di partenza per una società più giusta dove tutti gli uomini possano avere le stessa possibilità per crearsi un avvenire.
In antitesi vi è il concetto di
gerarchia meritocratica tipico della destra, mentre un sincretismo può considerarsi il "comunitarismo". tutti difronte a dio sono uguali , questo concetto deve essere ben chiarito dalle diverse nazioni
In Italia il principio è riconosciuto nell'art. 3 della
Costituzione il quale afferma che Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,... aggiungendo poi È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...




Ciò è quello che ho estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Uguaglianza_sociale"....




Badate bene a ciò che su questo motore di ricerca viene inserito....Noterete come questo fattore addirpoco sociale sia essenzialmente legato alla vita dei partiti politici...o meglio solo alla vita partiti politici. Sembra chiaro quindi che una sorta di egualità tra uomini appartenenti allo stesso partito esiste, come esiste la quasi simile egualità nella controversie che quelle stesse persone esprimono su un determinato fattore politico.GIUSTO?




Allora...sono veri quei proverbi che sostengono l'uguaglianza dell'uomo con i suoi simili fin dalla nascita o è solo un 'illusione che pervade in noi?




ANALIZZIAMO:





Gli uccelli dalle stesse piume devono stare nello stesso nido.
Il nano è piccolo anche se è sul
campanile.
La scimmia anche se vestita di seta, è sempre scimmia.
Le dita della mano sono disuguali.
L'uguaglianza e misurar tutti con la stessa spanna, è la legge della morte.
Negli ordini pari, i pareri sono dispari.
Nel regno di Dio, poveri e ricchi sono uguali.
Non bisogna mai usare due pesi e due misure.
Non tutti possiamo abitare in piazza.
Non v'è mai tanta pace in convento, come quando i
frati portano tonache uguali.








se leggerete attentamente i proverbi capirete che l'uguaglianza è un qualcosa che deve APPARTENERE ALL'UOMO IN QUANTO TALE....? no secondo me vuol intendere altro....vuol farci capire che "L'uguaglianza è ciò che non esiste tra eguali." Come sostiene Edward Estlin Cummings...Che L'uguaglianza tra la donna e l'uomo scompare in ogni epoca in cui le esigenze belliche prendono il sopravvento. Che La maggior parte della gente non capisce come altri possano soffiarsi il naso in un modo diverso dal loro.Che Nella natura c'è solo un'uguaglianza di diritto, mai di fatto...che Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali...




Ebbene io Non credo nell'uguaglianza delle persone. Nasciamo uguali, ma l'uguaglianza cessa dopo cinque minuti: dipende dalla ruvidezza del panno in cui siamo avvolti, dal colore della stanza in cui ci mettono, dalla qualità del latte che beviamo e dalla gentilezza della donna che ci prende in braccio. (Joseph L. Mankiewicz)
Non temo af
fatto di affermare che il livello medio degli animi e delle menti non cesserà di degradarsi fino a quando uguaglianza e dispotismo procederanno insieme. (Alexis de Tocqueville)
Per molti di noi l'uguaglianza consiste nel ritenerci uguali a coloro che ci stanno sopra, e superiori a coloro che ci stanno sotto.E' allora viene da chiedersi esiste questa uguaglianza o no?Esiste un noi e gli altri oppure no? Viviamo sulla stessa crosta terrestre...ma siamo consapevoli dell'immenso potere che l'essere uguali e diversi ,indistintamente dal colore della pelle, dalla religione, dallo status sociale e quanto più ne ha più ne mette, CI DA'?




Forse no...dobbiamo subire ancora troppe sofferenze per poter cresciere dentro?




Chi lo sa...è tutto un mistero che si svela ai nostri occhi con il tempo...a quegl' occhi che il più delle volte GUARDANO, ma in realtà non VEDONO....a quelle orecchie che SENTONO ma in realtà non ASCOLTANO...a tutte quelle cose che pensiamo di fare ma in realtà non facciamo...dobbiamo darci UN TAGLIO NETTO....bisogna CAMBIARE---ADEGUARSI---CREARE COMPATTEZZA--e solo così un futuro senza una prossima ricorrenza di un eventuale guerra civile verrà domato!SCHERZO!sul domarlo?Chi lo sa?

Per dirlo in ...musica!!!

In molte occasioni, senza escludere questo blog, ci fermiamo a parlare, parlare, parlare...e poi nel concreto cosa facciamo per intendere la diversità una ricchezza?
Nella realtà di tutti i giorni e soprattuto nelle piccole cose, essa è purtroppo sempre intesa come un qualcosa lontano da noi...mentre non ci rendiamo conto che è alla base del nostro essere uomini unici e irripetibili...

Quando parlo di piccole cose intendo anche il fatto stesso che nonostante siamo tutti calabresi, vengono fatte delle differenze e delle gerarchie fra città e cittadini e non sempre legate solo al calcio, che è comunque sbagliato già di per sè..
E fuori dalla Calabria?Nel resto d' Italia? Gli italiani fanno lo stesso sbaglio...suddividono sè stessi in categorie e regioni...e così via anche l'Europa e il Mondo...

...siamo sempre troppo qualcosa...troppo cosentini, troppo calabresi, troppo italiani e.... troppo lontani!



E Come canta Luca Carboni...in Inno Nazionale Italiano (1995)


(...)

"anche nella stessa città
siamo sempre troppo lontani"

(...)

"sventoliamo troppe bandiere
con il bastone nella mano"

(...)

"anche se è caduto il muro
abbiamo sempre troppi confini"

(...)


Queste sono le frasi che ho ritenuto tra le più significative, ma per chiunque non conosca la canzone io vi consiglierei di ascoltarla...Perchè anche se sono passati più di 10 anni...resta comunque attuale...in quanto..
Luca canta la verità....




RIFLETTIAMO...RIFLETTIAMO...e ancora...
NON SMETTIAMO DI RIFLETTERE!

A proposito di diversità...

Il diverso, con la sua diversità, scardina i valori e le regole di chi si riconosce in uno stato di normalità causando, in genere, un allontanamento di coloro che si credono normali, da coloro che vengono considerati anormali. E questo vale anche per gli omossessuali, che Miriam pone alla nostra attenzione....



“il massimo dell’uguaglianza è
la possibilità di essere diversi”.

Gianni Vattimo


Queste parole dovrebbero essere da monito per l’affermazione della tolleranza contro ogni forma di dogmatismo.Dobbiamo porre attenzione al diverso con l’intento di conoscerlo e non di giudicarlo, giacchè solo con questi propositi riusciremo a leggerne la bellezza.

La differenza non deve essere ritenuta un disvalore, se non vogliamo incorrere nella giustificazione della cancellazione delle culture altre (come purtroppo è già avvenuto) o nella discriminazione di scelte sessuali diverse dalle nostre, per restare in tema di omosessualità.
Anzi a questo proposito aggiungerei che è importante guardare gli omosessuali con occhi privi di pregiudizi..ed esprimersi nei loro riguardi con parole prive di offese e critiche non costruttive, dal momento che tutti noi o i nostri figli.. un giorno potremmo...essere al loro posto...visto che nessuno può avere la certezza di come si evolverà la propria storia e quella dei suoi cari..tutto o nulla può accadere..e sarebbe bene fare i conti con queste possibilità prima di disprezzare una cultura, una razza o un orientamento sessuale diverso dal proprio...

lunedì 25 maggio 2009

GAY PRIDE





Primo significato

L'orgoglio di essere quel che si è, da parte delle persone omosessuali. La resa del termine inglese pride ha creato in italiano numerosi equivoci attraverso la traduzione più usata, "orgoglio" (che in italiano è anche sinonimo di "superbia"), mentre la traduzione più corretta sarebbe semmai "fierezza", cioè il concetto opposto alla vergogna, vista come la condizione in cui vive la maggior parte delle persone omosessuali.
L'"orgoglio gay" si basa su tre assunti:

  1. che le persone dovrebbero essere fiere di ciò che sono,
  2. che la diversità sessuale è un dono e non una vergogna,
  3. che l'orientamento sessuale e l'identità di genere sono innati o comunque non possono essere alterati intenzionalmente.

Secondo significato

L'uso più diffuso affermato in Italia è però quello come abbreviazione di "gay pride parade", cioè "marcia" (o "manifestazione") "dell'orgoglio gay".

In questo senso nel linguaggio colloquiale "gay pride" indica normalmente la manifestazione e le iniziative che si svolgono ogni anno in occasione della "giornata dell'orgoglio LGBT", nei giorni precedenti o successivi alla data del 28 giugno, che commemora la rivolta di Stonewall.

Lo scopo di queste manifestazioni è appunto celebrare l'"orgoglio LGBT".

citato da http://it.wikipedia.org/wiki/Gay_Pride


Ho voluto mettere in campo " l'orgoglio gay" perchè nonostante si predichi una maggiore parità di diritti per tutti in realtà ancora si hanno molti pregiudizi su queste persone.
Voi cosa ne pensate?

domenica 24 maggio 2009

Gli orrori umani ancora prima dell' Olocausto.


Il Cristianesimo in passato e per molto tempo, contribuisce all’oscuramento della differenza, perseguitando gli eretici e bruciando le streghe.






Con la scoperta dell’America, le tribù amerinde saranno colonizzate e dominate perché considerate selvagge e inferiori e, soprattutto, non cristiane. Per non parlare dello sterminio degli Aztechi per mano di Hernan Cortés.

In quella occasione


“l’uomo incontrò se stesso e non si riconobbe”
U. Galimberti, Parole nomadi, Feltrinelli, Milano, 1994, p. 18.




Dopo la scoperta dell'America comincerà la tratta dei neri, ossia il commercio di schiavi africani, assumendo dimensioni impressionanti tra il XVII e il XVIII secolo.

Grazie Miriam!

Carissima Miriam, mi ha fatto piacere trovare un tuo post al blog e ancora di più mi ha fatto piacere leggerne il contenuto, il cui significato profondo "per non dimenticare" dovrebbe essere il messaggio guida per vivere nel terzo millennio l'alterità come mai prima d'ora. Infatti...

Non dobbiamo dimenticare che il Novecento ha vissuto una delle pagine più nere della storia. Infatti, i traguardi raggiunti negli ultimi secoli, non hanno impedito il sorgere di sentimenti di superiorità e di avversione per la differenza che, come ben sappiamo, hanno condotto allo sterminio di milioni di persone colpevoli solo di non appartenere alla razza ariana, la razza superiore. Non dobbiamo più permettere che tragedie umane, come quella dell’Olocausto nazi- fascista, si verifichino ancora.



Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel giorno della memoria, ha dichiarato che occorre



“nutrire il ricordo della Shoah con celebrazioni e iniziative rivolte in modo particolare ai giovani, affinché sappiano a quale punto di aberrazione può arrivare l’odio dell’uomo contro l’uomo”.



Come uomini e come cittadini del mondo abbiamo l’obbligo di non dimenticare e di ripercorre il passato, conoscere gli errori e sapere dove essi conducono, per non ripeterli, dal momento che, come scriveva Primo Levi e come ci ha ricordato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo discorso di commemorazione per il giorno della memoria,


“ciò che è accaduto può ritornare”.










PER NON DIMENTICARE..


Annelies Marie "Anne" Frank, più diffusamente conosciuta sotto l'italianizzato Anna Frank
ragazza ebrea, divenuta un simbolo della Shoah per i suoi diari scritti nel periodo in cui la sua famiglia si nascondeva dai nazisti e per la sua tragica morte nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.
Visse parte della sua vita ad Amsterdam nei Paesi Bassi, dove la famiglia era riparata dopo l'ascesa al potere dei nazisti in Germania. Fu privata della cittadinanza tedesca nel 1941, divenendo così apolide
Seconda figlia di Otto Heinrich Frank (12 maggio 1889 - 19 agosto 1980) e di sua moglie Edith Hollander (16 gennaio 1900 - 6 gennaio 1945), apparteneva ad una famiglia di patrioti tedeschi che prestarono servizio durante la prima guerra mondiale. Aveva una sorella maggiore, Margot Betti Frank (16 febbraio 1926 - marzo 1945). Lei e la famiglia dovettero spostarsi ad Amsterdam per sfuggire alla persecuzione dei Nazisti.
Appena tredicenne, dovette nascondersi con la famiglia nell'Achterhuis, un piccolo spazio a due piani posto sopra i locali della compagnia di Otto. (Questo Achterhuis era situato in un vecchio - ed abbastanza tipico - edificio sul Canale Prinsengracht, nella parte ovest di Amsterdam, a circa un isolato dalla Westerkerk.) La porta dell'Achterhuis era nascosta dietro una libreria. Vissero li dal 9 luglio 1942 al 4 agosto 1944, durante l'occupazione nazista.
Nel nascondiglio trovarono rifugio 8 persone: Otto e Edith Frank (i genitori di Anna); la sorella maggiore Margot; il Signor Dussel, un dentista ebreo (vero nome, Fritz Pfeffer); e i coniugi van Daan con il loro figlio Peter (vero cognome, van Pels).
Durante quegli anni Anna scrisse un diario, descrivendo con considerevole talento le paure causate dal vivere in clandestinità, i sentimenti per Peter, i conflitti con i genitori, e la sua aspirazione di diventare scrittrice.
Dopo più di due anni, una soffiata di un informatore olandese portò la Gestapo al loro nascondiglio. Vennero arrestati dalla Grüne Polizei e trasferiti al campo di smistamento di Westerbork, nell'Olanda nord-orientale. Il 2 settembre 1944 Anna Frank e gli altri clandestini vennero caricati sull'ultimo treno merci in partenza per il Auschwitz, dove giunsero tre giorni dopo. Nel frattempo Miep Gies ed Elly Vossen, due delle persone che si erano prese cura del gruppo durante il periodo passato nel nascondiglio, trovarono il diario e lo misero al sicuro.
Anna, Margot ed Edith Frank, i van Pels e Fritz Pfeffer non sopravvissero ai campi di concentramento tedeschi (nel caso di Peter van Pels, alle marce della morte tra un campo e l'altro). Margot e Anna passarono un mese ad Auschwitz-Birkenau e vennero poi spedite a Bergen-Belsen, dove morirono di tifo esantematico nel marzo 1945, un mese prima della liberazione del campo. Solo il padre di Anna sopravvisse ai campi di concentramento; tornò ad Amsterdam nel giugno del 1945 dopo tre mesi di viaggio. Miep gli diede il diario ed egli lo aggiustò per la pubblicazione con il titolo di Het Achterhuis. Da allora è stato pubblicato in 55 lingue. Otto Frank morì a Basilea nel 1980.


citato da http://it.wikipedia.org/wiki/Anna_Frank

sabato 23 maggio 2009

Dalla complessità all'incertezza

Il prendere coscienza della complessità dell'uomo e del mondo ci pone davanti ad un senso di costante incertezza, in cui appunto ogni strada certa e sicura viene negata.


Come far i conti allora con l'incertezza per dominarla? Innanzitutto occorre conoscerla....




Che cos'è l'incertezza? E' possibile darne una definizione? Oppure assume molteplici sfacccettature?



E' utile in questo senso dare uno sguardo alla suddivisione che ne fa Edgar Morin.


Egli descrive quattro tipi d’incertezza che si fanno strada nel nostro tempo:



  • un’incertezza storica
non esistono solo innovazioni, ma anche distruzioni.



  • un’incertezza della conoscenza
la conoscenza non è mai certa e richiede sempre verifiche e rielaborazioni.



  • un’incertezza del reale
la realtà non è mai leggibile in modo certo e nasconde sempre un possibile non visibile.



  • un’incertezza dell’azione
ogni azione è una scelta, ogni azione scelta è una scommessa, e le scommesse si sa includono un rischio.



Non resta che prendere atto di questa condizione umana incerta e rivalutarla a proprio favore, che non significa rinunciare all’azione ma
“agire con la piena coscienza che la scommessa comporta”.
In altre parole dobbiamo imparare a vivere con l’incertezza per poterla affrontare senza temerla! Così facendo saremo in grado di guardare in faccia le nostre paure, conoscerle e trasformale in risposte ai nostri problemi.
Se apprendiamo l’incertezza che ci spaventa e disorienta, essa non ci farà più paura e non avremo più bisogno di ripiegarci su noi stessi e aggrapparci a quell’individualismo, che se da un lato ci rende più sicuri e forti, dall’atro ci allontana dagli altri facendoci dimenticare il nostro essere animali sociali, causando una inevitabile perdita dell’unica e vera concezione del sé come “io” in relazione al “tu”.

venerdì 22 maggio 2009

La complessità umana

Per restare in tema di complessità prendiamo in cosiderazione il concetto di "unitas multiplex" di Edgar Morin.















“ l’essere umano è esso stesso nel contempo uno e molteplice"



Quest'affermazione dovrebbe guidarci verso una serena accettazione della diversità e della complessità altrui. Morin, con essa, sottolinea che ognuno di noi porta in sé alcuni caratteri funzionali fondamentalmente comuni a quelli degli altri esseri umani e allo stesso tempo ha le proprie singolarità cerebrali, mentali, psicologiche, affettive e intellettuali.
E, dunque, il singolo è di per se complesso, come complessi sono gli altri singoli e la sociètà costituita dall’insieme di singoli complessi.



Inoltre, la complessità sociale è data anche dal fatto che le lingue, le culture e le organizzazioni sociali sono anch’esse, come l’uomo, uniche e molteplici nel senso che sono simili nei fini e nelle strutture, ma hanno applicazioni e contesti molteplici.


La complessità e la diversità sociale è determinata dalla complessità e diversità della natura umana e del singolo.


Questa riflessione è importante per capire che l’unità è nella molteplicità e che, di conseguenza, porre l’attenzione sull’alterità non è a discapito dell’identità, perché l’unicità si realizza nella diversità e solo con essa.

Perchè la Torre di Babele?


L'icona del Post-moderno complesso e mutevole è la Torre di Babele. Questo per dire che...

Nel nostro tempo l’unicità lascia il posto alla molteplicità.


Ma la molteplicità non è da intendersi solo in termini di una società sempre più multiculturale, in cui convivono sullo stesso territorio diverse etnie e culture, ma anche in un senso più profondo legato all'uomo e al mondo che lo circonda.


Infatti...
L’uomo è immerso in un mondo fondato sul pluralismo, giacché ogni singolo essere umano è portatore di un particolare punto di vista, unico e diverso dai punti di vista appartenenti agli altri suoi simili e altrettanto unici e particolari.



Ne consegue che...
il mondo è plurale perché abitato da plurali punti di vista dell’uomo.



La pluralità è propria del mondo, ma anche dell’uomo stesso in quanto costituito da una componente corporea e una sociale, nella quale agisce secondo il proprio punto di vista, scontrandosi inevitabilmente con quelli altrui.


In passato la vita era scandita da tappe precise, regole e divieti dettate dalla famiglia, dallo Stato o dalla religione. Oggi, invece, l’uomo è posto di fronte a molteplici scelte possibili e la sua identità è frutto delle proprie scelte personali. In questo contesto, il principio dell’avere sembra prevalere su quello dell’essere e l’uomo va sempre più ripiegandosi su se stesso e verso i beni materiali, preso solo dalla realizzazione di desideri privati e soddisfazioni immediate. Tutto questo per ancorarsi a qualcosa che assomigli alle vecchie garanzie, le quali oggi lasciano il passo ad una sempre più inquietante incertezza.


Quindi è la complessità, propria dell'uomo e del mondo, che ci disorienta, ci spaventa e ci fa vivere nell'incertezza, spingendoci a pensare a noi stessi prima che agli altri.


Capire questo può aiutarci a non perdere di vista il fatto che restiamo, comunque, uomini insieme ad altri uomini.... e che la complessità altrui, o di ciò che ci circonda, non deve farci paura dal momento che è presente anche in noi stessi.

Nei giorni scorsi abbiamo posto l'attenzione sul concetto di cittadinanza e sulla cittadinanza del mondo, intesa come valore che dovremmo perseguire nel nostro tempo. A questo punto viene da chiedersi perchè è così importante perseguire una nuova cittadinanza che si ispiri a quella del mondo?


La risposta è nel tempo che noi tutti viviamo...il tempo del Postmoderno...incerto, complesso, veloce e multietnico.


In una realtà simile l'individualismo sembra prevalere su tutto il resto, esistiamo solo noi, le nostre esigenze e i nostri bisogni e la necessità di sopravvivere in un mondo duro.


Ma il regno del mordi e fuggi spesso lascia l'amaro in bocca e non ci permette di vedere al di là del nostro naso...


Ebbene io voglio andare oltre il mio naso...io voglio vivere....e non accontentarmi di sopravvivere...


Utopia? Forse...ma non lo sapremo mai, se almeno non ci proviamo!


Il primo passo da compiere e aprire gli occhi e leggere in maniera diversa la realtà che ci circonda, capirla e trovare delle strade che ci permettano di volgere la paura, l'incertezza e la complessità a nostro favore...per questo motivo spenderò un pò di tempo e di post per affrontare le caratteristiche della Postmodernità e l'approccio con cui l'uomo dovrebbe porsi nei suoi riguardi... Qualunque proposta è ben accetta...


mercoledì 20 maggio 2009

Jacques Delors


Jacques Delors, ex ministro dell’Economia e della Finanza della Francia e Presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995, ha sempre sostenuto:
"gli uomini sono chiamati a diventare gradualmente cittadini del mondo, senza dover perdere le proprie radici e svolgendo una parte attiva nella vita della loro nazione e della loro comunità locale".

Bertrand Russell


“Non ci può essere antitesi tra il buon cittadino e il buon individuo. Il buon individuo è quello che opera per il bene della comunità e il bene della comunità è il risultato dei beni dei singoli individui”.



Un buon individuo è un buon cittadino e viceversa. Il nostro compito, come individui e come cittadini, è di operare non solo nella comunità locale, ma anche in quella regionale, nazionale, continentale e mondiale. Dobbiamo agire, insomma, nella e per tutta la comunità umana assegnando, un pieno riconoscimento al valore di ogni singola persona umana, di qualunque cultura essa sia, nel contesto più ampio dell’umanità.

Martha Nussbaum

Tra gli studiosi recenti che prendono in considerazione il concetto di cittadinanza del mondo è da ricordare Martha Nussbaum, filosofa e pedagogista americana.



Ella scrive nel suo libro Coltivare l'Umanità:


“Diventare cittadino del mondo significa spesso intraprendere un cammino solitario, una sorta di esilio, lontani dalla comodità delle verità certe, dal sentimento rassicurante di essere circondati da persone che condividono le nostre stesse convinzioni e ideali”


Con questa affermazione, la Nussbaum, sembra voglia dirci che per essere veri cittadini del mondo dobbiamo, come Diogene, diventare stranieri in patria e far leva unicamente sulla nostra capacità di ragionare criticamente, mettendo in discussione il nostro credo e la nostro modo di vivere per poter realmente capire se siamo nel giusto o meno e, soprattutto, senza avere paura di pensare in maniera diversa da chi ci circonda o di scoprire che ciò che si è sempre pensato e sostenuto è in realtà sbagliato.


Se ognuno di noi riuscirà, nel suo piccolo, a portare avanti questo autoesame sarà già a metà strada dell’opera, perché avrà migliorato se stesso e allora potrà credere che anche gli altri possono farlo. E si sa che una sola persona migliore non può cambiare il mondo, ma più persone che abbiano un pensiero nuovo e migliore possono se non cambiarlo, di certo migliorarlo.


A questo proposito ecco due citazioni che dovrebbero indurci alla riflessione:


“una vita che non si fondi sull’autoesame
non vale la pena di essere vissuta".
Socrate


“Presto noi tutti moriremo. Intanto mentre viviamo in mezzo agli altri
uomini facciamo in modo di coltivare la nostra umanità”.
Seneca



Oggi più che mai dovremmo fare tesoro di queste parole per pensare e agire criticamente per il bene nostro e di tutta la comunità umana. Non siete forse d'accordo?

Uno sguardo agli Stoici


Gli Stoici immaginavano l’uomo come avvolto da cerchi concentrici. Il primo di essi circondava l’individuo, il secondo la famiglia, il terzo i parenti e continuando in successione i vicini, gli amici, i concittadini e così via fino ad arrivare all’ultimo cerchio, il più grande, che racchiude l’umanità.


Avvalendosi di questa visione dell’uomo gli Stoici affermavano:


“il nostro compito, come cittadini del mondo, sarà di orientare tutti i cerchi verso il centro, facendo sì che tutti gli uomini diventino nostri concittadini”.


Inoltre essi ritenevano che per avere piena consapevolezza di noi stessi e delle nostre abitudini è necessario entrare in relazione con quelle degli altri e con tutte le manifestazioni umane. Solo calandoci in questo contesto più ampio, riusciremo a trovare soluzioni migliori ai nostri problemi.


In relazione a questo contesto io sono d'accordo con il pensiero stoico e voi?

martedì 19 maggio 2009

Seneca


Il grande filosofo affermava
che ognuno
di noi vive in due comunità:
una locale, alla quale
apparteniamo fin dalla nascita e
l’altra più vasta che si allarga
all’umanità.


“ Il fatto di essere nati
in una particolare comunità
è una pura casualità”.


Ebbene, io credo che ammettere che ogni essere umano avrebbe potuto nascere in una qualsiasi altra comunità, diversa dalla propria, dovrebbe spingerci a non permettere che le differenze, di qualsiasi genere, creino delle barriere tra gli esseri umani.
Non siete forse d'accordo?

Seneca


"Un buon

cittadino è

in primo luogo

un cittadino

del mondo".

Reindrizzamento

Fatto questo breve excursus sul termine e sulla storia della cittadinanza, il cui senso moderno prende piede a partire dalla Rivoluzione francese, ma si esplica pienamente dopo la Seconda guerra mondiale, è mia intenzione soffermarmi sul concetto della cittadinanza del mondo, divenuto oggi fondamentale per l'integrazione dell'uomo nel mondo multietnico del Postmoderno.

In particolare, vorrei aggiugere che la cittadinanza del mondo non è una nuova moda del nostro tempo, ma è invece un concetto tenuto in considerazione fin dai tempi antichi, abbiamo già avuto modo di parlare in questo blog di due personaggi che rispecchiano in pieno l'accezione del termine:

Diogene http://versounanuovacittadinanza.blogspot.com/2009/05/diogene-il-cittadino-del-mondo.html

Marco Aurelio http://versounanuovacittadinanza.blogspot.com/2009/05/e-ancora_17.html

In ogni caso, quando parliamo di cittadinanza del mondo non possiamo fare riferimento solo a queste due personalità, ma ad una serie di pensatori e filosofi antichi e recenti che hanno espresso la loro opinione in merito.

In questo contesto cercheremo di porre l'attenzione su alcuni di loro per meglio capire il significato profondo e l'importanza che assume, oggi, il divenire cittadini del mondo.


Il concetto moderno di cittadinanza

Nel 1948, conclusa la Seconda guerra mondiale, l’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite promosse il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in ambito civile, politico e socio-culturale.


“ Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza
sociale,
nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la
cooperazione
internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse
di ogni stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla
sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità”.
(Dichiarazione dei diritti dell'uomo, 1948, art.22)


Da questo momento in poi l'affermazione dei diritti diventa universale. Inoltre i destinatari non sono più soltanto i cittadini di questo o quello stato, bensì tutti gli uomini.

L'accezione di cittadinanza abbraccia, oggi, gli esseri umani in quanto portatori di eguali diritti fondamentali e il cittadino ha la possibilità di entrare in rapporto con altri stati, e non necessariamente solo con il proprio, e far valere i propri diritti.

L'eredità della Rivoluzione francese



Nella prima fase della Rivoluzione francese, la “Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino” approvata dall’ Assemblea Nazionale il 26 agosto 1789, rappresentò la solenne proclamazione delle libertà fondamentali dell’individuo e cioè di pensiero, libertà, religione e stampa; dell’uguaglianza dei cittadini di fronte la legge, ovvero senza distinzioni di ceto o razza; dei principi democratici di sovranità popolare, divisione dei poteri e diritto all’istruzione.
“La Dichiarazione dei diritti dell’ uomo e del cittadino” fu la vera conquista della
Rivoluzione francese. I suoi ideali, riassunti nella formula “libertè-egalitè-fraternitè”, furono confermati due anni dopo nella Costituzione del 1971, che sancì la fine dell’assolutismo monarchico. Essa, infatti, aboliva il principio del “diritto divino” del monarca in favore del principio democratico dell’uguaglianza dei cittadini di fronte la legge.


Per la prima volta, in Europa, tutti i cittadini all’interno di uno Stato erano “uguali e liberi nei diritti”. Tutti tranne le donne.
Nonostante le numerose battaglie le donne riuscirono ad ottenere il diritto al voto, nei principali paesi occidentali, soltanto nei primi decenni del XX secolo. In Italia solo dopo la Seconda guerra mondiale.

Cittadinanza greca e romana



Nell’antica Grecia, possedere la cittadinanza significava per l’ individuo partecipare alle funzioni legislative e giudiziarie delle città-stato. Il cittadino, pertanto, aveva il diritto di partecipare alla vita politica della propria comunità. Questo diritto era concesso, però, in base alla nascita e ai legami di sangue, solo ai cittadini liberi e adulti della comunità stessa. La cittadinanza era invece negata agli schiavi e alle donne, mentre era concessa di rado agli stranieri.




Nell’antica Roma il diritto alla cittadinanza non era in nessun caso concesso agli stranieri, che tra le altre cose, non potevano sposarsi con il rito matrimoniale romano e di conseguenza i loro figli non potevano essere riconosciuti come cittadini romani. Infatti, nel diritto romano la cittadinanza era considerata come una forma di tutela giuridica che assicurava davanti a magistrati e funzionari il riconoscimento di una serie di diritti e garanzie di cui gli stranieri erano, appunto, del tutto privi. Era considerato cittadino a pieno titolo l’individuo maschio adulto e libero.

Sul termine cittadinanza

Che cosa è la cittadinanza?


Con il termine di cittadinanza, in ambito giuridico, si indica il legame tra un individuo, detto appunto cittadino, e una città o uno stato.


Ogni ordinamento stabilisce le regole per la perdita e l’acquisto della
cittadinanza. In molti stati i principi sono stabiliti a livello costituzionale, in altri invece, tra i quali l’Italia, vengono affidati alla legge ordinaria.


La cittadinanza si acquisisce per ius sanguinis “diritto di sangue”, ovvero per nascita da un genitore in possesso di cittadinanza; per ius soli “diritto di suolo”, ovvero per il fatto di essere nato nel territorio di un certo stato; per estensione ovvero per il fatto di aver contratto matrimonio con un possessore di cittadinanza e infine per naturalizzazione in seguito a molti anni di permanenza nel territorio, per rinuncia della cittadinanza d’origine o per meriti particolari.
Queste ultime hanno una funzione puramente integrativa, mentre la scelta
fondamentale, che i vari ordinamenti si trovano a dover compiere, ricade sulle prime due.

Lo ius sanguinis presuppone una concezione oggettiva della cittadinanza basata sul legame del sangue, dell’etnia e della lingua. Mentre lo ius soli implica una concezione soggettiva della cittadinanza, dal momento che si basa solo sul luogo di nascita e non è vincolata da altri legami.
In Italia e nella maggior parte dei paesi europei vige lo ius sanguignis.
La perdita della cittadinanza può avvenire a seguito di rinuncia, di acquisto di
cittadinanza di un altro stato o di privazione da parte della pubblica autorità in conseguenza di azioni gravissime.

domenica 17 maggio 2009

Dopo Diogene, Marco Aurelio...

L'imperatore romano Marco Aurelio è stato da molti studiosi considerato un ottimo esempio di cittadino del mondo.



Egli, nonostante la sua posizione regale, cercava di esprimersi con cognizione sull’operato degli altri e di comprenderne le anime e le azioni. Secondo il suo pensiero, gli esseri umani sono diverse parti di un unico corpo, e come un organismo per ben funzionare necessita della collaborazione delle sue parti, così gli uomini devono cooperare tra loro per poter raggiungere scopi comuni. Questa considerazione lo spingeva a rifiutare di pensare i suoi nemici come estranei, come lontani e diversi da sé, guidandolo nel prendere le corrette decisioni e, soprattutto, non dettate dall’odio, aspirando alla giustizia, alla verità e al bene.

Presentation? Si, "gadget"...!

Ho pensato che fosse stato utile avere sempre sottomano la presentazione del blog per dare agli utenti un quadro preciso degli argomenti trattati nel blog e per accedere facilmente e comodamente ai post più vecchi o ai temi che maggiormente ci interessano ..rimanendo sempre nella prima pagina! E allora..quale migliore gadget della presentation?

Buona visione!